La noia e la pochezza umana e argomentativa fanno brutti scherzi. Come quello di produrre un articolo, in un giornalaccio berlusconiano, firmato da un certo Camillo Langone, che recita quanto segue:
Ma come fanno le mie amiche ad ascoltare Antony and the Johnsons, Tiziano Ferro, George Michael? Io non capisco. Ho sempre sentito l’omosessualità come un’offesa alle donne
e ancora:
Non credo che una canzone d’amore per gatti possa fungere da canzone d’amore per topi. Non credo in un amore che prescinda dall’oggetto e possa rovesciarsi indifferentemente su maschi, femmine, bestie, piante, minerali…
Come al solito, quando si parla di amore tra gay lo si confonde, scomodando le categorie della bestialità o della perversione – l’amare un sasso con sentimenti e libido umani sarebbe considerato in tal guisa da molti manuali di psichiatria.
Peccato che in quelle canzoni si parli – piaccia o meno all’autore di certe amenità da “cattolici iraniani” – di amore, per l’appunto. E forse, quando si è impegnati a vedere il marcio a prescindere e a contrapporre odio a sentimenti più positivi, poi si fa confusione e non si sa più distinguere tra sentimento e patologia.
L’apice poi, tale Langone, lo raggiunge scomodando, ancora una volta, il Levitico. Questo signore spiega il presente e l’amore (tra gay) rifacendosi a un testo pieno di inesattezze e frutto dell’ignoranza e dell’integralismo dell’uomo.
Un po’ come spiegare astronomia leggendo ancora Aristotele. Con la differenza che Aristotele, contrariamente al commentatore del Foglio e al Levitico, era fico.